Un problema ricorrente nelle imprese italiane, soprattutto quelle artigianali e piccole, è il credito erogato con il contagocce. Ma, nella partita con le banche, spesso le donne imprenditrici (o aspiranti tali) denunciano di essere trattate peggio degli uomini anche a parità di condizioni. È quanto emerge dalla indagine di Swg per CNA sul tema “Donne, imprenditoria e accesso al credito”, in un panel aperto anche agli uomini: la disparità viene confermata dal 50% degli interpellati (43% degli uomini, 56% delle donne) con picchi del 58% nella fascia 18/34 anni e del 57% al Sud, mentre nel Nordest tocca il 50%. Tra le cause di disparità, nel Nordest il 41% ritiene ci sia la possibilità di avere figli, il 18% la minor affidabilità rispetto agli uomini, il 16% la necessità di mettere la famiglia al primo posto davanti al lavoro, il 15% valuta la minor mentalità imprenditoriale.
Lo stesso sondaggio evidenzia che, nella successione d’azienda, viene preferito il figlio maschio. Nel Nordest il 40% ritiene che i figli maschi vengano preparati fin da piccoli a prendere in mano l’azienda, il 26% valuta che le donne siano meno imprenditrici rispetto agli uomini.
“Nel complesso – afferma Maria Rosaria D’Agostino (nella foto in orsa), vicepresidente nazionale e CNA Impresa Donna e presidente CNA Impresa Donna Trentino Alto Adige – il sondaggio Swg per CNA evidenzia che lentissimamente, quasi impercettibilmente, la forbice si stringe. Nella società e in particolare nel fare impresa la differenza sessuale tra donne e uomini sembra cominciare a sbiadire. Il nostro Paese compie un passettino in avanti, ma non basta. Occorre agire a livello nazionale e regionale, insistendo con programmi innovativi sostenuti dalle Province autonome e delle Camere di Commercio di Trento e Bolzano. Il problema del credito, che esiste sia per gli uomini sia per le donne, rivela come ci sia una disparità di accesso anche in questo campo, così come nelle successioni aziendali. È indispensabile che, anche a livello di statistiche e ricerche, si restringa il campo alle aziende fino a 3 dipendenti soprattutto per l’artigianato e in genere per le micro imprese, ampliando gli attuali panel che considerano preferenzialmente le aziende fino a 9 dipendenti e fino a 50 dipendenti”.
CNA Impresa Donna ha elaborato un pacchetto di proposte, discusso il 31 gennaio 2019, nel corso di una tavola rotonda a Roma sui “Politica: sostantivo femminile singolare”.
“In Italia e in Trentino Alto Adige – proseguono Maria Rosaria d’Agostino e Patrizia Balzamà – le prospettive delle donne nel mondo del lavoro sono ancora lontane dall’essere eguali a quelle degli uomini. Non abbiamo investito in maniera sufficiente nelle politiche sociali a favore della famiglia e non si prevede una misura universalistica di sostegno ai figli. Esistono, inoltre, profonde differenze anche tra lavoratrici: il congedo di maternità obbligatorio, a esempio, prevede un’astensione dal lavoro di cinque mesi per tutte le lavoratrici, ma la copertura completa del reddito è riservata alle sole dipendenti. È per correggere queste storture, almeno parzialmente, che abbiamo preparato un pacchetto di proposte sulle politiche d’investimento e sulle politiche di azione, relativo alle lavoratrici autonome”.
Le politiche d’investimento
1) Rendere detraibili al 50% tutte le spese di cura e di aiuto alla famiglia.
2) Ridurre dal 22% al 5% l’Iva applicata ai servizi di welfare prestati dalle strutture private diverse dalle cooperative sociali e dai loro consorzi.
3) Riequilibrare la distribuzione dei fondi destinati alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, che attualmente vanno per il 90% alle lavoratrici dipendenti e per il 10% alle autonome.
Le politiche d’azione
- Rendere più flessibile l’offerta di servizi pubblici di welfare soprattutto rispetto agli orari e alle modalità di erogazione che risultano estremamente rigidi e sono scarsamente tarati sulle esigenze dei lavoratori dipendenti e dei loro ritmi più tradizionali.
- Riconoscere il “costo” del tempo dedicato alla formazione in termini di mancato guadagno, consentendo di dedurre dal reddito una somma aggiuntiva rispetto alla spesa sostenuta.
- Incentivare la creazione di reti territoriali di conciliazione vita/lavoro per servizi di welfare per la famiglia e per l’infanzia che prevedano la collaborazione pubblico/privato.
- Attivare un tavolo tecnico permanente presso il dipartimento Pari opportunità della presidenza del Consiglio sull’imprenditoria femminile e sulle politiche di welfare, replicando i tavoli di lavoro a livello regionale e provinciale per problematiche territoriali specifiche.
I risultati