Maggiori costi per le famiglie, una potenziale diminuzione dei consumi già provati da anni di crisi, e una zavorra per i prodotti italiani nei confronti con la concorrenza di altri Paesi.
Un’intera filiera produttiva (produzione, trasformazione, macchinari e riciclo) che conta in Italia oltre 11.600 aziende, di cui quasi 1.400 in Veneto (11,5%), con 180.000 addetti e un fatturato di oltre 40 miliardi di euro, si schiera contro la tassa sugli imballaggi.
Assindustria Venetocentro in particolare esprime forte contrarietà all’introduzione di una plastic tax prevista dal Documento programmatico di bilancio 2020. «Questo balzello non ha finalità ambientali, penalizza i prodotti e non i comportamenti, e rappresenta unicamente un’imposizione diretta a recuperare risorse ponendo ingenti costi a carico di consumatori, lavoratori e imprese. Insomma, una tassa camuffata da ambiente ma in realtà destinata solo a fare cassa, che penalizzerebbe l’intera filiera», dice Massimo Slaviero, presidente del Gruppo Gomma Plastica e Chimico di Assindustria Venetocentro Imprenditori Padova Treviso.
«Non si agevola l’ambiente tassando gli imballaggi – dichiara Slaviero – al contrario, il risultato sarebbe un aggravio dei costi per le famiglie e una potenziale contrazione dei consumi, senza generare alcun tipo di output positivo in termini ambientali. La plastic tax, che inciderà per oltre il 100% sul costo della materia prima (mille euro a tonnellata), rischia di affossare ulteriormente la competitività di un settore di eccellenza che sta già intraprendendo una transizione verso soluzioni più sostenibili. Già oggi, infatti il 15% della plastica utilizzata proviene da economia circolare, con un trend in continua crescita. Le nostre aziende riconoscono che l’utilizzo degli imballaggi in plastica, essenziali per ridurre gli sprechi di cibo, va responsabilmente gestito anche nella sua fase terminale e stanno investendo in questo senso. La transizione energetica va affrontata, ma incentivando l’innovazione e la tecnologia. Chiedere un patto con le imprese per programmare un Green New Deal come ha fatto il premier Conte e poi mettere tasse per fare cassa è un controsenso concettuale. Il Governo si metta d’accordo con se stesso».
«Il sentiment tra gli imprenditori padovani e trevigiani della gomma plastica è molto negativo – insiste Slaviero – perché dopo anni difficili, con contrazioni importanti, non è immaginabile investire e cercare competitività e poi essere affondati da tasse mirate su un singolo settore e che colpendo i prodotti italiani favoriranno le importazioni dai produttori nostri concorrenti. Rischiano investimenti, linee di produzione, indotto, occupazione lungo la filiera».
«Le imprese, peraltro già oggi pagano un contributo ambientale Conai per la raccolta e il riciclo degli imballaggi in plastica per un ammontare di 450 milioni di euro all’anno, dei quali 350 vengono versati ai Comuni per garantire la raccolta differenziata. L’introduzione di una “tassa sulla plastica” equivarrebbe, quindi, a una sorta di doppia imposizione e, come tale, sarebbe ingiustificata sia sotto il profilo ambientale che economico e sociale».
Non solo: «Il 2 giugno 2020, il giorno dopo la prevista entrata in vigore di questa tassa, anziché come il giorno della Festa della Repubblica, sarà ricordato come il giorno della fine dell’industria plastica in Italia, con conseguenti chiusure e licenziamenti. Se le aziende italiane si ritrovassero a pagare la materia prima il doppio dei concorrenti, perché è di questo che stiamo parlando, vuol dire molto semplicemente che si chiude. Si tratta di una disparità troppo grande. Si tratta di una tassa pari al 100% del costo della materia prima, non so se chi ha stabilito questa enormità se ne rende conto. Il Governo vuole far questo alle proprie imprese e ai propri cittadini? Vuole far fuori dal mercato, senza alcun guadagno per l’ambiente, le aziende italiane in favore di quelle austriache, tedesche, francesi, cinesi etc?» chiede il presidente di sezione di Confindustria Vicenza Luigi De Tomi.
E aggiunge: «Anche perché, e qui il paradosso assoluto, si andrebbe a colpire anche imballaggi contenenti materiale riciclato, penalizzando così gli enormi sforzi che le imprese stanno compiendo per la completa transizione verso l’economia circolare. Quindi questa assurda norma non promuove, come invece si è andato a sbandierare, alcuna pratica di sostenibilità ambientale, ma è solo una caccia alle streghe per racimolare risorse per far quadrare i conti pubblici, ovvero per spendere soldi su altro. Non c’è una pianificazione, non c’è una valutazione fatta con la filiera, dalla materia prima alla trasformazione e soprattutto dal consumo allo smaltimento. E dico ‘soprattutto’ perché è in queste ultime due fasi che succedono i disastri e una di queste, l’ultima, dipende in modo diretto dalle istituzioni pubbliche che stanno chiedendo questo balzello ai trasformatori. La manovra è stata approvata ‘salvo intese’, ora sta nella responsabilità dei parlamentari fare un ragionamento serio con gli attori di questo comparto, dalla materia prima allo smaltimento, non certo solo con le industrie, ed evitare un colpo che rischia di essere definitivo per molti incolpevoli produttori italiani già subissati da continue fake news e mistificazioni prive di ogni qualsivoglia riscontro scientifico».