L’export veneto, spiegato da un croissant (al mango) e un lampadario di Murano (a led)

Sul Sole 24 Ore di oggi, 19 novembre, si parla di export, in particolare di quello legato a prodotti “belli e ben fatti”, cioè le eccellenze: quelle delle tre F (Food, Fashion e Furniture, cioè cibo, moda, arredo, ma anche altro, dalla nautica alla cosmetica) che valgono da 86 miliardi (ma c’è un potenziale da altri 45 miliardi non ancora sfruttato).

Il Rapporto “Esportare la dolcevita” curato da Centri Studi Confindustria e Sace Simest è stato presentato a Vicenza, che è una provincia grande esportatrice. E qui si sono raccontate due aziende venete.

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Perché esportare è una impresa che richiede tempo e investimenti, ricorda Michele Bauli, presidente dell’omonima azienda del dolciario veronese: se poi ti occupi di alimentare, c’è da considerare il tempi di conservazione del prodotto e le scadenze, tanto che a volte è necessario spostarsi per produrre«Servono strategie mirate: per i dolci da ricorrenza come il panettone, ad esempio, il target sono gli italiani all’estero, che poi diventano coloro che fanno assaggiare e conoscere il prodotto anche agli amici. Se invece penso ai prodotti continuativi, come cracker e biscotti, occorre distinguersi fra una grande massa di competitor e fare lo sforzo di avvicinarsi ai gusti del mercato prescelto».

Bauli esporta il 15% della produzione in un centinaio di Paesi; e dopo avere lavorato in joint venture con un produttore locale spostando un macchinario dismesso, ha aperto un proprio stabilimento in India: «Avevo pensato di vendere panettoni in America, mi sono rirovato a sfornare croissant in India», scherza Bauli, Ma occorre rispettare i gusti del luogo: ad esempio, nel ripieno la confettura di albicocche e ciliegie cede il passo a quella di mango.

Oggi Bauli è un gruppo da 1.600 lavoratori (in India lavorano circa 200 persone); possiede diversi marchi fra i quali Motta, Doria e Bistefani.

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Un’altra azienda con una storia centenaria alle spalle: Luigi Luchetta, Coo di Barovier & Toso, ha alle spalle una settimana difficile, quella dell‘acqua alta eccezionale che ha colpito Venezia e che, a Murano, ha paralizzato un intero settore, quello delle vetrerie, con l’acqua che usciva dai forni. «Io stesso ho spalato l’acqua dal negozio», racconta. L’azienda è stata fondata nel 1295, e ha saputo rinnovarsi e seguire l’evoluzione tecnologica. Oggi vende il 95% dei lampadari all’estero, producendo a Murano come da tradizione «con tutte le difficoltà del caso. Nella nostra storia siamo passati dalle candale alle lampadine, e ora, con uno sforzo ingegneristico, le stiamo sostituendo con i led».

Parallelamente è cambiato il linguaggio: alla bella età di quasi 700 anni l’azienda raggiunge i suoi clienti sui social come Pinterest e Instagram.

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Visto che siamo già a metà novembre, qui vi raccontiamo il backstage nella nascita di un pandoro Bauli, a cavallo fra economia e cucina: sapevate che a fare da assaggiatori sono dipendenti che si sono offerti volontariamente e hanno superato dei test di sensibilità del gusto?

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  • Filippo Albanese |

    Con la scorretta concorrenza cinese, è necessario aumentare la qualità d prodotto, oltre allo stile, qualità e bellezza, oltre al gusto del nostro design. Il lampadario classico è ancora vincente nell’export.

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