Il ristorante cadorino che tende la mano alle attività di montagna

Un post, subito condiviso e rilanciato, per una idea che si può applicare ovunque.

A tutti i ristoratori di rifugi o alberghi.. l’unica cosa che posso fare e’ aiutarvi con il fresco se avete fatto magazzino ( verdura, patate, salumi e formaggi) e comprarveli a prezzo di acquisto, in modo non buttiate via niente e non perdiate i soldi.. prorogare la chiusura degli impianti a 12 ore dall apertura e’ un assassinio delle attivita’
Se a qualcuno serve son qui…
Firmato, La botte del re di Calalzo di Cadore.
L’autore è Guido Lozza, 46 anni, un mestiere nella ristorazione dopo avere lavorato per anni nell’occhialeria che qui, in Cadore, è un distretto produttivo mondiale.
“Penso che in un momento come questo solo la solidarietà ci possa salvare“, spiega prima di mettersi al lavoro. E il ristorante pizzeria è un piccolo laboratorio di idee solidali.
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Il pack famiglia (quattro pizze a 16 euro), i buoni per cenare senza spendere nulla distribuiti cercando il modo di non fare sentire in imbarazzo chi li utilizza, e per la primavera che arriverà l’idea di rifornire di pizza un bar della zona a turno, a prezzo di costo, per fare delle tavolate all’aperto e dare modo ai locali di guadagnare un po’ di più con le bibite.
“Durante il lockdown ci siamo organizzati per l’asporto e le consegne a domicilio, che non avevamo mai fatto. La verità è che in certi momenti conviene stare chiusi, ma come fai a lasciare a casa nove persone (diventano 16 in stagione, ndr) che lavorano con te e hanno famiglia?”. Il risultato è che le pizze, a prezzi ridotti, sono aumentate enormemente di numero, e hanno dato ragione alla scelta di alzare la serranda.
Dopo il post che tendeva la mano Guido – che firma ogni suo intervento con  un W l’Italia e il Cadore, perché “vorrei che la gente si aggrappasse con amore ai ai luoghi in cui vive” – ha già recuperato il primo materiale da due rifugi: con il terzo si incontrerà a breve. Alberghi e locali di montagna hanno in questi giorni acceso il riscaldamento, richiamato i dipendenti, e fatto scorte di alimentari.
“La sensazione qui è che molti in realtà temessero di non riaprire davvero e che siano stati molto cauti, senza riempire troppo i frigoriferi – spiega Luigi – Io ho acquistato perlopiù insalate e qualche salume, pensavo di più: i formaggi che durano probabilmente vengono tenuti sperando in prossime aperture”.
Ma se non arriveranno in tempi brevi, vendere le scorte a colleghi che possono utilizzarle senza spreco potrebbe essere una idea vincente.