Ci sono degli spiragli nella vicenda Grotto-Gas Jeans di Chiuppano, Vicenza, azienda che sembrava destinata ormai diretta al fallimento dopo la bocciatura del piano concordatario da parte del fondo DeA Capital.
Proprio il fondo, in un documento di cui il sole 24 Ore è entrato in possesso, si dice pronto a “supportare i due investitori nelle modalità che riterranno opportune, se i numeri del business lo consentiranno ancora”. Una precisazione che tiene conto di una situazione non facile e che si trascina da tempo.
La posizione del fondo
Il fondo riassume i tentativi fatti fin qui, “Come già rappresentato nella lettera inviata ai lavoratori lo scorso 16 ottobre, per ben tre volte DeA Capital ha tentato di assecondare il salvataggio della società, in linea con la missione del fondo CCR (Corporate Credit Recovery) e come già realizzato con successo per innumerevoli realtà italiane, sempre collaborando con le Istituzioni nazionali e locali. Nel 2018 eravamo pronti a firmare l’accordo proposto dalla società e dai soci (mettendo anche a disposizione nuove risorse finanziarie), ma purtroppo la proprietà si è inspiegabilmente chiamata fuori a pochi giorni dalla firma. Nel 2019 abbiamo dato il nostro assenso all’investitore individuato dalla famiglia Grotto, che avrebbe immesso importanti risorse a tutela della continuità aziendale e dei posti di lavoro, ma ancora una volta la proprietà ha improvvisamente rifiutato di formalizzare l’intesa da essa stessa inizialmente sottoscritta, avviando la procedura concordataria. Sotto la gestione dell’amministratore di fiducia della famiglia Grotto, Dottor Eberle, la società ha rifiutato di trovare soluzioni costruttive nell’interesse della società e dei posti di lavoro: durante il concordato, Grotto è finanche arrivata ad impedire ai creditori, nonostante un provvedimento ad hoc del tribunale, di poter analizzare i dati societari. Tali scelte, esclusivamente della società e dei soci, hanno ulteriormente aggravato lo stato di crisi della società.
Potenziali investitori affidabili, quali Walter Maiocchi (che vanta importanti esperienze di successo nel turnaround, quali Zanotti e Malo) e Stefano Bonacini (imprenditore a guida di Gaudì, brand fashion riconosciuto a livello nazionale e internazionale), ci hanno informalmente contattato. Entrambi hanno manifestato l’intenzione di comprendere approfonditamente i numeri ed il desiderio di apportare potenzialmente risorse finanziarie per il rilancio, unitamente a management qualificato ed una fortissima discontinuità rispetto al passato. Tali principi aiuterebbero a superare le criticità evidenziate anche nella relazione del commissario che ricordiamo, contrariamente a quanto rappresentato dalla società, concludeva con un giudizio sulla fattibilità tutt’altro che positivo, affermando che “il raggiungimento degli obiettivi di piano non sia, ad oggi, tecnicamente plausibile […]”, oltre a sollevare una serie di perplessità e punti di approfondimento in diverse aree di bilancio e sullo stato di salute delle altre società del gruppo. Un piano non percorribile è stata la ragione, sulla base delle informazioni a nostra disposizione, per cui una larga maggioranza dei creditori (non solo DeA quale creditore di maggioranza), ha votato contro o si è astenuta.
Riportare la verità dei fatti è un atto dovuto ai lavoratori. I 7 milioni di cassa attualmente presenti in società, spesso citati dal Dott. Eberle come elemento sintomatico del risanamento non sono generati dai profitti aziendali ma dalla valorizzazione di asset aziendali e dovranno essere a breve destinati a pagare i debiti concordatari in prededuzione e privilegiati, come si evince anche dalla relazione del commissario. L’azienda per rendere fattibile il piano in termini sostanziali, a nostro avviso, necessita di risorse finanziarie per investimenti e non si esclude che possa emergere anche la necessità di supporto al capitale circolante. La società insomma ha perso quattro anni preziosi senza essere risanata. Non è vero che non esistevano potenziali investitori, è vero invece che nessun soggetto avrebbe immesso risorse finanziarie “al buio”, mantenendo lo ‘status quo’ degli attuali azionisti e senza comprendere i numeri e talune criticità peraltro riportate come punti di attenzione nella relazione del Rag. Marcadella.
Auspichiamo vivamente che la società questa volta tuteli l’interesse dei dipendenti, senza negoziazioni che puntino nei fatti a preservare una continuità con il passato. Non si può essere imprenditori rischiando i “denari” degli altri. Voltiamo pagina, aiutiamo i nuovi potenziali investitori a fare le loro analisi perché possano predisporre le rispettive offerte e noi non faremo certamente mancare il nostro contributo tangibile”.
Il tavolo di crisi
Già nei giorni scorsi, al tavolo regionale del 4 novembre, si era parlato di come stessere emergendo alcune possibilità legate a nuovi investitori, a cominciare da Maiocchi. E proprio una precedente disponibilità di Maiocchi era finita nel nulla nel 2019.
In questi mesi l’amministratore unico Cristiano Eberle, con la totale collaborazione dei 200 addetti, ha mantenuto in attività il marchio dimostrando le sue potenzialità e – come è stato per altre aziende in difficoltà – è arrivata la solidarietà dei clienti che «hanno preso d’assalto i nostri negozi per fare scorta del prodotto Gas Jeans» hanno scritto i lavoratori sui social ringraziando.