Duecento proposte di tirocinio professionalizzante per i giovani, e per altri cento la possibilità di una certificazione linguistica per inglese e tedesco. Tutte attività gratuite e con borsa di studio, organizzate da Unindustria Servizi e Formazione Treviso Pordenone con il contributo della Regione Veneto nell’ambito del progetto Garanzia Giovani.
Quando è stata presentata questa iniziativa, lo scorso maggio, si era parlato di una Treviso decisa a diventare una provincia per giovani.
Una manciata di mesi dopo, il bilancio è questo: su 200 proposte percorsi di formazione professionale retribuiti, poco più di 100 candidati. «Al tempo stesso, molti giovani continuano a sognare di diventare cuochi e magari di partecipare ai molti programmi televisivi nei quali vengono trattati e talvolta umiliati in maniera inimmaginabile in qualsiasi azienda industriale. O, in alternativa, guardano solo all’emigrazione all’estero, quando molte nostre imprese potrebbero essere invece la migliore opportunità per conoscere altre culture e altri mercati, senza bisogno di emigrare», ha scritto in una lettera aperta Maria Cristina Piovesana, presidente di Unindustria Treviso.
«Continuano a girare dati preoccupanti sull’entità della disoccupazione giovanile, eppure molte nostre imprese continuano a segnalare difficoltà a trovare giovani disposti ad investire su un percorso professionale nell’industria, che pure si conferma centrale nel rilancio dell’economia e del lavoro nel nostro Paese – aggiunto Piovesana -. Il compito primario per tutte le componenti istituzionali e sociali che si considerano classe dirigente di questo Paese è di parlare chiaro e ricostruire un quadro veritiero e credibile in cui le aspettative dei giovani, e non solo possano trovare un riferimento per poter costruire il proprio futuro. Ridare appeal al ‘posto’ in fabbrica, non è tanto l’interesse di una categoria, che con orgoglio rappresento a Unindustria Treviso, ma considerare, partendo da dati evidenti, come sia in un’industria e in servizi avanzati e competitivi, come quelli presenti nel nostro territorio (Treviso è l’ottava provincia industriale italiana per imprese e addetti e la sesta provincia manifatturiera), che vi sono opportunità di crescita personale e professionale come pure garanzie e tutele. Un messaggio che vorremmo fosse sentito come proprio dalle famiglie, dalla scuola e dai giovani. Valorizzare i loro talenti, metterli alla prova nelle nostre aziende per ricevere il loro contributo innovativo, è la sfida che ci attende».
Neanche il tempo di ammortizzare la polemica con i sindacati – per attirare i giovani occorrono compensi più alti? – e un’altra segnalazione, questa volta da Padova.
«Non riesco a trovare apprendisti. Evidentemente i giovani pensano che lavorare in un’azienda metalmeccanica sia poco gratificante. E sì che lo stipendio è migliore di quello che potrebbero trovare altrove». A parlare è Giancarlo Piva, a capo della padovana Micromeccanica, impresa associata a Confapi che conta 35 dipendenti e fattura circa 6 milioni di euro l’anno. Ennesima azienda italiana che afferma di non riuscire a trovare il profilo adatto, scontando una difficoltà di reperimento di forza lavoro dovuta a carenze di formazione o di esperienza da parte di tanti giovani, come attesta anche l’ultima indagine Excelsior sulle previsioni di assunzioni delle imprese private dell’industria e dei servizi tra luglio e settembre di quest’anno: in 28 casi su 100 le imprese padovane prevedono di avere difficoltà a reperire i profili desiderati.
«Sono dati che non mi stupiscono e lo dico partendo dalla mia esperienza concreta. Da tempo stiamo cercando due o tre apprendisti da inserire nelle operazioni di controllo qualità, in sostanza chiamati a verificare che quanto esce dalle nostre macchine sia conforme al disegno e alle esigenze dei clienti. L’obiettivo è poi quello di formarli, facendo loro imparare ad attrezzare i nostri strumenti, rendendoli in grado di produrre. Non si trovano» spiega Piva, che ha preso contatti anche con il mondo della scuola. «E proprio qui sta il punto. A quanto risulta, i ragazzi che vogliono entrare nel settore manifatturiero sono pochi, pochissimi. Mi sono rivolto all’Enaip di Padova, istituto che organizza corsi di formazione professionale: mi dicono che per una classe che prepara alle lavorazioni meccaniche ce ne sono tre per aspiranti cuochi. M’immagino che questo boom sia dovuto ai numerosi programmi di cucina che fioriscono in tivù, ma mi chiedo se veramente tutti quelli che usciranno saranno poi assorbiti dal mercato. Faccio un altro esempio: all’istituto Camerini Rossi mi hanno risposto che non organizzano più corsi professionali di questo tipo, perché non c’è più richiesta da parte dei ragazzi».
E invece il mercato esiste: «In Veneto e a Padova in particolare esiste un tessuto di aziende metalmeccaniche solide, che lavorano per conto terzi ed esportano soprattutto in Germania, peraltro sono quelle che costituiscono il tessuto imprenditoriale di Confapi. Ebbene, oggi ci troviamo a contenderci i ragazzi tra le aziende come succedeva “ai bei tempi”, prima della crisi, proprio per la difficoltà a trovare manodopera. E guardate che parlo di imprese che potrebbero offrire ben più dei 900 euro di stipendio medio che in genere portano a casa gli operai di altri settori all’inizio della loro carriera professionale. Per quanto riguarda la mia azienda, nello specifico, avrei bisogno di due o tre figure da inserire subito, ma ho anche la necessità di sostituire in una prospettiva temporale leggermente più lunga altre tre o quattro persone destinate alla pensione nel giro di pochi anni, ovviamente con nuovi innesti che dovrò formare».
Se a pressione fiscale, costi dell’energia e burocrazia aggiungiamo anche la difficoltà di reperire manodopera specializzata «diventa un problema immaginare un futuro per la metalmeccanica – conclude Piva – Si pensa a questo come a un settore meno nobile di altri, dove ci si sporca le mani e dove non c’è innovazione. È vero esattamente il contrario: pensate solo che ogni nostro prodotto è sottoposto a una sorta di pagella da parte del cliente e che possiamo permetterci margini di errori di 100 pezzi su un milione. Insomma, bisogna riuscire a sfatare questi luoghi comuni. Mi sembra che anche da parte delle istituzioni ci si riempia facilmente la bocca parlando – e finanziando – start up che spesso hanno poco futuro e non si pensi ai problemi delle tante aziende come la mia, che continuano a fare investimenti importanti».
Intanto, l’azienda trevigiana che cinque mesi fa questa azienda ha lanciato un appello per la ricerca di saldatori da assumere li sta ancora cercando.
Gli stessi artigiani di Vicenza e Udine avevano pensato a una soluzione per riportare i giovani fuori dalle cucine e dai talent show dedicati ai fornelli. Se Masterchef ha riempito le aule di futuri, aspiranti chef, che cosa sarebbe capace di fare un Mastercraft che mostri altri mestieri?