Tutti i vantaggi della contaminazione fra manifattura e tecnologie digitali raccontati attraverso le storie di chi l’ha messa in pratica, in un luogo simbolico qual è il Museo del Novecento M9 a Mestre con i suoi spazi interattivi. L’occasione è coincisa con le assemblee del Gruppo Metalmeccanico e del Gruppo Servizi innovativi e tecnologici di Assindustria VenetoCentro: fra Padova e Treviso il distretto metalmeccanico aggregato conta 9.918 imprese (il 40,9% del comparto in Veneto) con circa 97mila addetti, e nelle stesse due province una piattaforma di servizi e competenze ad alto valore aggiunto è fatta di 27.130 imprese con 106.100 addetti.
Sul palco anche la collaborazione fra Latterie Montello e Yarix, società del gruppo Var specializzata in sicurezza informatica. “Siamo nati come una startup 17 anni fa, prima che si prendesse consapevolezza del problema. Nei primi sei mesi abbiamo fatturato zero, poi abbiamo cominciato a strutturarci su grandi clienti, i più attenti”, spiega il fondatore di Yarix Mirko Gatto. Oggi che l’esigenza di tutela dagli attacchi è divenuta pressante, i clienti della compagnia – base a Montebelluna e filiale in Israele – vengono monitorati 24 ore su 24, 365 giorni all’anno.
Fra loro c’è anche la Latteria fondata nel 1947 da Giovanni Lazzarin e oggi gestita dalla terza generazione. “Ai nostri clienti garantiamo genuinità, continuità, sicurezza – spiega Renato De Faveri, responsabile IT dell’azienda alimentare – Abbiamo una storia alle spalle, ma siamo una realtà moderna che punta anche sulla digitalizzazione: fra le informazioni da proteggere c’è la stessa ricetta che ha reso il Nonno Nanni leader in Italia nel settore premium degli stracchini”.
Oggi Yarix è la divisione Digital Security del gruppo Var che fattura 290 milioni di euro, con 1.600 collaboratori e 20 partnership siglate negli ultimi 24 mesi nei principali settori dell’innovazione tecnologica. Quello di Montebelluna è stato il primo centro privato in Italia ad essere collegato con la rete internazionale del First che monitora i rischi e gli attacchi cyber in tutto il mondo (lo stesso network al quale è collegata la Nasa): obiettivo, intercettare le minacce, prevedere l’attacco prima che si verifichi e riparare i danni in tempo pressoché reale. La divisione Digital Security di Var Group conta su un portfolio clienti composto per il 20% da medie e per il 78% da grandi imprese; del totale di clienti gestiti (tra cui Elica, cappe da cucina), il 15% sono imprese venete (come Latteria Montello). Nel 2017 il SOC (Security Operation Center) di Montebelluna ha gestito 29 miliardi di eventi relativi alla sicurezza per aziende ed enti pubblici e governativi: la squadra è composta da un team di 27 fra ingegneri e tecnici esperti di informatica.
In questi anni è stata ampia la casistica trattata; c’è l’azienda messa in ginocchio dall’ex dipendente infedele, quella messa sotto attacco da un concorrente diretto, e – numerosi – gli episodi in cui basta che un dipendente clicchi su un link di una mail senza riconoscere il rischio per mettere in ginocchio l’impresa: «A volte servono giorni per sbloccare i sistemi, e salvare il salvabile».
Quella di cyber attacchi e stracchino è solo una delle testimonianze di 12 imprese apripista nell’abbattere le barriere fra settori facendo sinergia e moltiplicando i benefici.
A rompere il ghiaccio la storia della collaborazione raccontata da Jacopo Pertile, fondatore di Azzurrodigitale, e Leopoldo Destro (entrambi in foto), ceo di Aristoncavi: “Una azienda di 60 anni ha deciso ad un certo punto di fare una rivoluzione – ha detto Destro – Dal prodotto base, cavi elettrici, siamo passati a produrre per nicchie specifiche e per esigenze particolari, come una piattaforma oil & gas in Siberia o una installazione nel deserto. Abbiamo puntato su ricerca e sviluppo, creato rapporti con le università, abbiamo cambiato il modo di relazionarci con il mercato, passando da meno del 40% all’85% di export”. Un cambiamento accompagnato dalla digitalizzazione. Fra i risultati ottenuti c’è la creazione di una interfaccia comune per tutti i macchinari che prima richiedevano ciascuno una configurazione particolare, “così ogni operatore è in grado di svolgere questo ruolo e la eventuale assenza di chi ha una conoscenza specifica di un singolo macchinario non crea problemi perché altri possono svolgere lo stesso compito” chiarisce Pertile.
A volte è la discontinuità a creare lo spazio per una buona idea: “E’ quello che è avvenuto nel settore auto – racconta Luciano Marton, direttore generale Texa (nella foto) – Ad un certo punto alla meccanica si è unita l’elettronica, e i meccanici senza competenze particolari di software erano in difficoltà. Noi abbiamo iniziato a produrre strumenti per la diagnosi, e oggi abbiamo otto filiali all’estero e 80mila officine clienti. Un’auto oggi può avere anche 40, 50, fino a 80 centraline diverse; abbiamo aggiunto negli anni la possibilità di raccogliere i dati sul lungo periodo, che rendono possibile gestire il passaggio dall’acquisto dell’automobile al suo utilizzo, perché di ogni mezzo il gestore può conoscere la posizione, l’utilizzo, lo stato di manutenzione. Siamo cresciuti senza mai trascurare la nostra capacità distintiva, la diagnostica”.
Dati da raccogliere, interpretare, proteggere, anche in chiave di sostenibilità ambientale: un tema che sta a cuore a Francesco Nalini, ceo Carel industries: “Gli impianti di condizionamento e refrigerazione sono responsabili del 17% del totale dei consumi elettrici mondiali. Negli anni Ottanta abbiamo eliminato le sostanze responsabili del buco nell’ozono, ora si va verso prodotti che non abbiano impatto sul cambiamento climatico. Per evolvere abbiamo scelto di strutturarci con una startup interna, che dunque non ha l’esigenza di disperdere energie nella ricerca di capitali, e può concentrarsi su progetti innovativi per davvero. Avere accesso ai dati di un gran numero di impianti, e non della singola macchina, consente di migliorare le impostazioni”.
E dati da tutelare, come dimostra la ricetta segreta dello stracchino trevigiano.