La crisi provocata dal Covid -19 è uno shock senza precedenti per il mercato del lavoro del Veneto, non solo dal punto di vista quantitativo (per posti di lavoro persi e ricorso agli ammortizzatori sociali) ma anche dal punto di vista qualitativo. Ad accendere i riflettori sugli aspetti qualitativi del lavoro è l’ultimo report mensile dell’Ufficio di Statistica della Regione Veneto, dedicato al mercato del lavoro in Veneto prima e dopo il ‘ciclone Covid’. Da domani, 30 giugno, il report sarà disponibile online nella pagina web http://statistica.regione.veneto.it/
Se prima della pandemia il mercato del lavoro in Veneto registrava più occupati e meno disoccupati della media nazionale, con ottimi indici di performances paragonabili ai livelli precedenti il crollo di Lehman Brothers, il ciclone Covid, con la chiusura delle attività economiche imposta dalle misure di contenimento del contagio, ha precipitato il mercato del lavoro del Veneto in uno scenario assolutamente inedito. Basta guardare alle ore di cassa integrazione guadagni per avere un’idea molto chiara delle situazione emergenziale che stiamo affrontando: in tutto il 2019 erano state concesse al Veneto 17 milioni di ore – registra Statistiche Flash – Nel solo mese di aprile 2020 ne sono state autorizzate 113 milioni.
Il settore che ha registrato una congiuntura più sfavorevole è quello degli alberghi, dei pubblici esercizi e delle attività similari; per questi lavoratori, nel solo mese di aprile 2020 sono state concesse il triplo delle ore di tutto il 2013, che per il settore è stato l’anno più duro della crisi economica finanziaria internazionale.
Il calo occupazionale è dettato principalmente dalle mancate assunzioni dei lavoratori precari e stagionali: secondo i dati di Veneto Lavoro, ad aprile 2020 i contratti di lavoro a tempo determinato sono crollati del 32% rispetto ad aprile 2019 e, fra questi, gli stagionali sono stati i più colpiti (-41%).
Nonostante la situazione de mercato del lavoro in Veneto appaia migliore della media nazionale, gli effetti occupazionali dell’emergenza sanitaria ed economica potrebbero dimostrarsi più evidenti proprio in quei comparti e quelle tipologie contrattuali che nascondono una minor ‘qualità’ dei rapporti di lavoro: part time involontario, i precari a tempo determinato, gli atipici, i ‘finti’ lavoratori autonomi ma in realtà con rapporto subordinato. Proprio questi ultimi, vengono definiti nel report ‘dependent contractor’, in quanto dipendenti con la maschera di lavoratori autonomi, impiegati spesso nei servizi e nelle attività a bassa qualifica.