Oggi è stato approvato in Commissione Bilancio l’emendamento alla legge di Stabilità che prevede l’istituzione – al ministero dello Sviluppo economico – di un fondo per il credito alle aziende vittime di mancati pagamenti. Avrà una dotazione di 10 milioni di euro annui per il triennio 2016-2018; al fondo potranno accedere quelle imprese che risultano parti offese in un procedimento penale dalla data del primo gennaio 2016.
In due parole: è passato il “fondo Serenella”.
Serenella dal nome dell’imprenditrice veneta che ha dato il via a tutto semplicemente raccontando in un libro – “Io non voglio fallire” (Nuovadimensione) – la storia della sua impresa, la AGA (dalle iniziali dei due fratelli che la fondarono: Arnaldo, padre di Serenella, e Giuseppe Antoniazzi), settore pulitura dei metalli, nata nel 1972 come società in nome collettivo a Concordia Sagittaria, Venezia.
“Li ricordo sempre all’opera, con le loro tute blu rinforzate sulle maniche per non bruciarsi. Negli anni, accanto a loro, hanno lavorato e sono cresciuti tanti ragazzi, che poi si sono fatti una famiglia; alcuni ormai sono anche diventati nonni. È un orgoglio pensare che, nel nostro piccolo, abbiamo dato un contributo alla crescita del Paese, creando lavoro e benessere, a beneficio del tessuto sociale”, scrive.
È stata per prima la Confartigianato di San Donà di Piave a capire che dalla denuncia poteva nascere una proposta: cambiare le regole per le aziende che subiscono il fallimento o il concordato di terzi, aziende sane travolte a causa dalle difficoltà (reali?) di altri.
E la proposta – messa a punto condividendo su un gruppo Facebook, le Brigate artigiane, idee e segnalazioni, casi e opinioni – è stata quella di un “fondo destinato alle aziende vittime di mancati pagamenti, che hanno intrapreso la via giudiziaria con atto di denuncia – querela non archiviata e quindi ammessa dal Tribunale, per reati di truffa aggravata, insolvenza fraudolenta, estorsione, false comunicazioni sociali a danno dei creditori o reati similari”.
Una causa che ha trovato un appoggio trasversale dalla politica: Mario dalla Tor, senatore Ncd-Udc, la prima firma dell’emendamento che nel comunicato sull’istituzione del fondo spiega di essere arrivato alla proposta dopo avere conosciuto la storia dell’imprenditrice, e propone di dargli il suo nome – fondo Serenella, appunto; e poi Simonetta Rubinato, Giorgio Zanin e Sara Moretto (Pd), Emanuele Prataviera (ex Lega Nord, ora lista Tosi), Francesco Vanin (Movimento 5S), con il supporto della vicepresidente del Senato Valeria Fedeli e del sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta.
“Quotidianamente incontriamo numerosissime aziende che lottano per salvare la propria azienda da spesso insuperabili difficoltà a seguito del dilagare di uno “sport nazionale”: non onorare i pagamenti per i lavori svolti – spiega Ildebrando Lava, presidente della Confartigianato San Donà (alla quale l’azienda di Antoniazzi non è nemmeno associata, ndr) – Pagamenti che non vengono effettuati senza alcuna motivazione o contestazione, per leggine inique che anziché tutelare colpiscono in maniera rilevante le attività artigianali – e non – dell’intero territorio nazionale. Un malvezzo che sta distruggendo un numero impressionante di aziende e che sta intaccando l’intero sistema sociale”.
Un numero impressionante di casi, ripete Lava, che potrebbero trovare il coraggio di non perdersi in ingiunzioni di pagamento che non portano a nulla, ma dovrebbero denunciare, querelare, portare allo scoperto le situazioni e chiedere che ci siano controlli immediati. Denunce di truffa aggravata, insolvenza fraudolenta, estorsione, false comunicazioni sociali a danno dei creditori o reati similari
“per far fronte a un’escalation di aziende sostanzialmente sane, messe in serie difficoltà, se non a rischio di sopravvivenza, da altre aziende, che troppo spesso appaiono organizzate per strutturarsi un percorso verso il famigerato concordato e/o fallimento pilotato, e che quindi, in un sol colpo, eliminano i propri debiti scaricandoli sui fornitori. Questo stato di cose, permesso da assurde leggi concorsuali e fallimentari, sta devastando il sistema economico, soprattutto quello delle piccole e piccolissime imprese, che si trovano in un batter d’occhio da una situazione economica tranquilla all’anticamera del fallimento per mancanza di liquidità, alimentando ulteriori fallimenti e concordati, in una spirale perversa”.
La soluzione è un sistema da applicare a quei casi in cui il reato effettivamente ci sia, e sarà il tribunale ad ammettere o meno la denuncia, “dando inizio a un iter giudiziario che al termine porterà alla condanna penale di quei committenti che utilizzando a loro uso e consumo le norme vigenti, derubano e in alcuni casi spingono fino al suicidio, quella fascia di imprenditori onesti che si trovano drammaticamente e completamente indifesi”.
Il fondo Serenella nasce per ridare un orizzonte a quelle aziende che lavorano nel rispetto delle regole, che per scelte altrui si trovano ora davanti al baratro, mettendo loro a disposizione le somme impropriamente sottratte, “da restituire in un tempo medio lungo (10/15anni), possibilmente a tasso zero e, sempre possibilmente, con una parte a fondo perduto”. Un provvedimento valido per cause in corso al 1° gennaio 2016.
La proposta contiene anche una serie di punteggi da attribuire ai diversi casi: 10 punti per le microimprese (meno di 10 occupati; fatturato annuo non superiore a 2 milioni di euro o totale annuo di bilancio non superiore a 2 milioni; non appartenenti a gruppi imprenditoriali), 5 per le piccole e 3 per le medie; punteggi aggiuntivi per chi opera sul mercato da più di 5 o 10 anni, ha investito in attrezzatura e macchinari negli ultimi 3 anni, ha incrementato il personale negli ultimi 5 anni, non ha licenziato alcun dipendente a seguito del mancato pagamento per il quale chiede di attingere al fondo.
Come il caso di Serenella, che in azienda (dove al suo fianco c’è il fratello Alessandro) è entrata a 16 anni, “lasciando andare il mio sogno di studiare e di fare l’arredatrice”, e viene a sapere della approvazione del fondo mentre è – come sempre – al lavoro, e non sente il cellulare nel rumore di fondo dei macchinari.
“Il fondo – dice – non è la soluzione ai problemi, ma è lo stimolo per ripartire perché la rassegnazione ti fa abbassare la testa. Ora servirà una buona politica che crei misure preventive e tuteli i pagamenti. Il fondo permette di chiudere posizioni pericolose come esposizione bancaria, debiti erariali, saldare ipoteche, liberare genitori e famigliari da fidejussioni. Il fondo libera le persone cara dal dramma e dalla paura di perdere tutto e spinge chi lo ottiene a lottare doppiamente, prima per etica e rispetto, poi per avere giuste regole e giustizia. Per la mia generazione e per quella di mio padre l’onta del fallimento è devastante a livello umano, morale e professionale. E allora serve qualcosa che ci permetta di andare avanti. Questo chiediamo allo Stato. Non la carità, semplicemente giuste regole per poter lavorare”.