Dai formaggi al miele, tipicità regionali a rischio per la siccità

Dal formaggio Imbriago al Bastardo del Grappa, dalla Sopressa al Sangue Morlacco (antico liquore citato da Gabriele D’Annunzio) e ancora le Giuggiole dei Colli Euganei, oltre ad una varietà di miele di nicchia come quello di Barena, il Kodinzon (la tipica barretta energetica delle Dolomiti: qui avevamo raccontato di quando era arrivata sulle vette himalayane grazie ad alpinisti che l’hanno apprezzata come corroborante negli sforzi fisici), il riso di Grumolo delle Abbadesse e tanti altri per un totale di 387 prodotti che esprimono la biodiversità veneta.

La  regione è nella top five della classifica nazionale che conta 5.450 tesori del Made in Italy messi a rischio dalla siccità che sta colpendo le produzioni agroalimentari da nord a sud del Paese prosciugando un bacino strategico di ricchezza enogastronomica che è anche fra i principali motori del turismo nazionale ed estero in Italia. E’ quanto emerge dal nuovo censimento 2022 presentato dalla Coldiretti delle specialità ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni, presentata in occasione dell’Assemblea nazionale della principale organizzazione d’Italia e d’Europa.
L’emergenza idrica – spiega Coldiretti – non risparmia neppure le tipicità più rare e, trattandosi di piccole produzioni con quantità ridotte, il rischio è che vengano letteralmente cancellate. Con gli alpeggi secchi per la mancanza di erba e di acqua le mucche e le pecore – rileva Coldiretti – producono meno latte che è alla base dei formaggi “d’alta quota” più apprezzati, ma c’è anche il sole a ustionare le varietà di frutta e verdura più particolari, salvate dall’impegno degli agricoltori. Il calo del raccolto di cereali antichi impatta, inoltre, anche sulla preparazione di pani e dolci tipici, ma anche per alcune varietà di olio extravergine si attende con ansia la pioggia.

Una mappa dei sapori, della tradizione e della cultura della tavola Made in Italy che, per quanto le tipologie, vede nei primi tre posti del podio la squadra di pane, paste e dolci (1616), quella di frutta, verdura e ortaggi (1577) e il gruppo delle specialità a base di carne (822), seguiti dai formaggi (524) e dai prodotti della gastronomia (320), ma non mancano bevande analcoliche, distillati, liquori e birre, i mieli, i prodotti della pesca e i condimenti dagli olii al burro, in un viaggio del gusto che tocca anche gli angoli più nascosti del Paese.

Non è infatti un caso che nei piccoli borghi – sottolinea la Coldiretti – nasca il 92% delle produzioni tipiche nazionali secondo l’indagine Coldiretti/Symbola, una ricchezza conservata nel tempo dalle imprese agricole con un impegno quotidiano per assicurare la salvaguardia delle colture storiche. Un patrimonio che spinge a tavola 1/3 della spesa turistica alla scoperta di un Paese come l’Italia che è l’unico al mondo che può contare sui primati nella qualità, nella sostenibilità ambientale e nella sicurezza della propria produzione agroalimentare.

La classifica dei prodotti a tavola – spiega Coldiretti – vede la Campania al primo posto con ben 580 specialità davanti a Toscana (464) e Lazio (456), a seguire – sottolinea Coldiretti – si posizionano l’Emilia-Romagna (398) e il Veneto (387), davanti al Piemonte con 342 specialità e alla Liguria che può contare su 300 prodotti. A ruota tutte le altre Regioni: la Puglia con 329 prodotti tipici censiti, la Calabria (269), la Lombardia (268), la Sicilia (269), la Sardegna (222), il Trentino Alto Adige (207), il Friuli-Venezia Giulia (181), il Molise (159), le Marche (154), l’Abruzzo (148), la Basilicata con 211, l’Umbria con 69 e la Val d’Aosta con 36.

Alla base del successo del Made in Italy c’è un’agricoltura che è diventata la più green d’Europa con – evidenzia la Coldiretti – la leadership Ue nel biologico con 80mila operatori, il maggior numero di specialità Dop/Igp/Stg riconosciute (316), 526 vini Dop/Igp e con Campagna Amica la più ampia rete dei mercati di vendita diretta degli agricoltori. “L’Italia è il solo Paese al mondo che può contare primati nella qualità, nella sostenibilità ambientale e nella sicurezza della propria produzione agroalimentare. Dietro ogni prodotto c’è una storia, una cultura ed una tradizione che è rimasta viva nel tempo ed esprime al meglio la realtà di ogni territorio” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare “la necessità di difendere questo patrimonio del Made in Italy dalla banalizzazione e dalle spinte all’omologazione e all’appiattimento verso il basso perchè il buon cibo, insieme al turismo e alla cultura, rappresentano le leve strategiche determinanti per un modello produttivo unico che ha vinto puntando sui valori dell’identità, della biodiversità e del legame con i territori”.

Raccolto in anticipo

Intanto, con il crollo delle riserve di acqua e la siccità insieme  alle alte temperature, nelle campagne venete gli agricoltori hanno iniziato a trinciare il mais in anticipo di circa un mese. È quanto afferma la Coldiretti Veneto in riferimento alla grande ondata di caldo con picchi oltre ai 40 gradi e vento africano. La poca pioggia caduta nelle ultime ore è stata insufficiente per dissetare le colture in campo da mesi nella morsa del calore.

In diverse aree del territorio – precisa la Coldiretti Veneto – sono entrate in azione le trinciatrici per tagliare il mais da foraggio, sebbene le piante non siano ancora mature. Una scelta obbligata per gli agricoltori – continua la Coldiretti regionale – per evitare di vedere seccare tutto i e perdere così completamente la produzione.

È una corsa contro il tempo per cercare di salvare il salvabile – commenta la Coldiretti Veneto– il settore conta perdite stimate in 800 milioni di euro solo sui seminativi. Si registrano  cali di circa un terzo per le produzioni di orzo, frumento e riso, mentre le perdite per i foraggi si avvicinano ormai al 50%, anche oltre questa percentuale di c per le rese nei raccolti di mais.

Dove non si è potuto intervenire con l’irrigazione le piante non hanno dato nessun frutto – affermano i tecnici di Coldiretti Veneto impegnati nei controllo sul territorio. Nelle stalle le mucche stanno producendo fino al 20% in meno di latte, ma siccità e caldo minacciano anche le mandrie che risalgono verso i pascoli di montagna in cerca di erba e temperature più fresche – continua la Coldiretti – con la mancanza di piogge che ha seccato prati verdi anche in montagna spostando il periodo della transumanza di mesi. La pratica green che sostiene il benessere animale – precisano gli operatori – è disciplinata da regolamenti comunitari, regionali e locali da rispettare per questo è scattata la solidarietà tra allevatori per ospitare mandrie e greggi temporaneamente su aree in altura“.

In collina e in pianura si pensa già all’inizio della vendemmia prima di 15 giorni rispetto alla tabella di marcia. Ai primi di agosto toccherà alle varietà Chardonnay e Pinot nero. Frutta abortita e ortaggi bruciati confermano che non si salva nemmeno l’ortofrutticoltura regionale.

In sofferenza anche gli olivi veneti. Anthony Lewis Ottolitri olivicoltore di Coldiretti Padova sui Colli Euganei segnala la presenza della cascola che ha ridotto la dimensione delle olive. “La preoccupazione non è tanto sulla qualità ma su quanta produzione sarà compromessa – dice l’olivicoltore dei Colli Euganei – già veniamo da un’annata di scarsa produttività quest’anno a causa della siccità durante il periodo della fioritura (allegagione), ora la carenza idrica ha provocato un contraccolpo. L’olivo è una pianta delicata e molto condizionata dai fattori climatici e quindi nel corso del tempo si dovrà adattare la colture alle mutazioni. L’agricoltore deve pensare a nuove tecniche colturali. Nozioni scientifiche imparate a scuola o tradizioni tramandare non sono più il manuale del contadino. Occorre prepararci all’imprevisto ogni giorno – conclude il produttore di Coldiretti.​​