Un lavoro per le donne maltrattate e un fondo per le spese legali: così Trento taglia la strada alla violenza di genere

Il sistema di rilevazione delle denunce per i casi di violenza contro le donne, creato nel 2012, mostra per il Trentino due evidenze. La prima: in oltre l’80% dei casi il responsabile è persona conosciuta (partner ed ex). La seconda: il 70% delle vittime non lavora. Come fa una persona disoccupata ad affrancarsi dalla dipendenza (anche, ma non solo,  economica) nei confronti del familiare che la maltratta? Nasce così il mandato all’Agenzia del lavoro provinciale per prevedere interventi di inserimento lavorativo per chi subisce violenza.

PERCORSI PROTETTI – Il mandato, da parte del vicepresidente della Provincia, porta la data del 5 aprile scorso, e l’Agenzia è già al lavoro su più fronti. «L’autonomia – spiega la direttrice, Antonella Chiusole – economica, ma anche sociale, è il presupposto per un allontamento, per la ribellione. Al nostro interno abbiamo già personale formato a trattare con persone in situazione di svantaggio, psicologhe, assistenti sociali: possiamo fare in fretta». E il segnale che un intervento sia atteso viene dalle richieste già arrivate all’Agenzia: donne italiane, nella grande maggioranza dei casi.

Storie-di-ordinaria-violenza-contro-le-donneCINQUE LINEE – Le destinatarie degli interventi sono le donne vittime di violenza segnalate dai servizi sociale. Le linee di azione individuate seguono più direzioni.
1) Una attività di accoglienza e orientamento a favore della donna vittima di violenza da parte di personale specializzato di Agenzia del lavoro, con professionalità idonea a gestire questo tipo di situazioni.
2) La previsione della categoria specifica delle donne vittima di violenza (segnalate dai servizi sociali) nell’ambito della classe generale dei soggetti svantaggiati destinatari di interventi di politica del lavoro.
3) La previsione della possibilità di utilizzo del sostegno all’inserimento lavorativo in cooperative, a favore delle donne vittime di violenza, come «categoria degna di attenzione specifica e con un intervento finanziario maggiore rispetto a quello previsto per la generalità degli svantaggiati», attraverso una percentuale di riconoscimento dei costi del lavoro maggiorata di almeno 10 punti percentuali a favore di tale categoria (ovvero viene finanziato il costo del lavoro al 70%, anziché al 60%, il primo anno e poi al 60%, anziché al 50%, il secondo anno, quindi al 50% anziché al 40% il terzo anno).
4) La previsione della possibilità di accesso all’intervento 19 (Progetti per l’accompagnamento alla occupabilità attraverso lavori socialmente utili) del Documento degli interventi di politica del lavoro a favore delle donne vittime di violenza, individuando canali privilegiati di accesso.
5) Estensione alle donne vittime di violenza di tutti gli interventi previsti nel Documento degli interventi di politica del lavoro a favore delle persone svantaggiate, compresi gli incentivi all’assunzione e i tirocini.

«Le politiche del lavoro – sottolinea Olivi – devono avere come obiettivo primario quello di promuovere le persone, con le loro potenzialità, le loro legittime aspettative. Questo è tantopiù vero per le donne vittime di violenza, che sono oggettivamente in una condizione di grave difficoltà e disagio, accentuato da una crisi economica che non fa sconti. Le misure che possiamo mettere in campo devono puntare a restituire fiducia, ruoli, spazi reali di libertà e di emancipazione, anche nei confronti di quelle situazioni familiari da cui si sono dovute sottrarre».

UN FONDO IN PIU’ – Un altro tassello di questa politica mira a non lasciare sole le donne, neanche per quanto riguarda le spese legali che dovranno sostenere. Il Fondo di solidarietà per le vittime di violenza, istituito dalla legge provinciale 6/2010, coprirà le spese di giustizia da sostenere per la costituzione di parte civile nell’ambito dei procedimenti penali e quelle relative a procedimenti civili – già intrapresi o da intraprendere in conseguenza della violenza subita – per separazione, divorzio, responsabilità genitoriale e affidamento minori, risarcimento danni ed eventuali procedure connesse. Per ogni grado di giudizio le spese sono coperte nel limite massimo di 800 euro. Così la Provincia autonoma estende le garanzie già previste a livello nazionale dalla normativa sulle spese di giustizia, assicurando il raccordo con l’istituto del gratuito patrocinio a spese dello Stato (che consente di riconoscere l’assistenza legale gratuita ai non abbienti) ed evitando sovrapposizioni tra questi due strumenti.
Il sostegno consente di fare emergere comportamenti troppo spesso destinati altrimenti a rimanere nascosti, confinati nella dimensione privata, e incoraggia nella scelta di allontanarsi dall’autore della violenza.
La Giunta provinciale ha già approvato in via preliminare i criteri e le condizioni di accesso al Fondo, destinato alle donne vittime di violenza in possesso dei seguenti requisiti:
– residenza in provincia di Trento, sia alla data di presentazione della domanda sia nel momento in cui è stata subita la violenza;
– indicatore della condizione economica del nucleo familiare (Icef) inferiore o uguale a 0,40 calcolato in base alla relativa disciplina vigente al momento della presentazione della domanda;
– inammissibilità al gratuito patrocinio a spese dello Stato.
 

Il nuovo protocollo fra Provincia, commissariato del Governo, consorzio dei Comuni trentini e Procura della repubblica di Trento e Rovereto, con Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri, prevede di ampliare il monitoraggio sulla violenza di genere. Interventi formativi saranno sviluppati anche a livello scolastico, per superare gli stereotipi di ruolo.