Lavoro “nero”, cioè quel fenomeno in cui l’attività viene retribuita, ma non dichiarata alle autorità pubbliche.
A Trieste l’attenzione della Guardia di Finanzia si è concentrata sulla posizione contrattuale di alcuni camerieri di un bar del centro. «Avviati i dovuti riscontri, il titolare dell’attività dichiarava che il rapporto instaurato con la lavoratrice presente al momento dell’accesso era di tipo accessorio, remunerato mediante il rilascio di appositi “voucher” – si legge nel comunicato rilasciato venerdì a ispezione conclusa – Questi ultimi, sono stati introdotti nel 2012 con la riforma del mercato del lavoro e costituiscono un sistema di pagamento che può essere utilizzato per forme di lavoro, occasionale e discontinuo, non regolamentate da uno specifico contratto. Purtroppo capita non di rado di verificare che i “voucher” vengono utilizzati nel mondo del lavoro in modo improprio, ovvero come espediente per evitare di regolarizzare i propri dipendenti».
In questo caso, grazie anche ai successivi riscontri, è risultato che l’instaurazione del rapporto di lavoro di tipo “accessorio” non era stata preventivamente comunicata. E in assenza della comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di impiego, vista la tipologia di inquadramento all’interno dell’azienda, la lavoratrice è risultata “completamente in nero”.
«L’incauto datore di lavoro, oltre alla sanzione per l’omessa consegna della lettera d’assunzione, si è visto comminare dai militari del Gruppo della Guardia di Finanza la cosiddetta “maxisanzione per lavoro nero” riferita a cinque giornate di effettivo impiego, per complessive € 4.475,00. Inoltre, avendo rilevato l’impiego di personale “non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori presenti sul posto di lavoro”, i Finanzieri hanno proceduto a segnalare la circostanza alla competente Direzione Territoriale del Lavoro per i provvedimenti conseguenti (ulteriore sanzione di € 1.950,00 nonché sospensione dell’attività d’impresa)».
In realtà la sospensione dell’attività è stata revocata «in quanto il datore di lavoro, ammettendo sostanzialmente le proprie responsabilità, procedeva al pagamento immediato delle sanzioni ed alla regolarizzazione della posizione lavorativa della dipendente “in nero”. A dimostrazione che il lavoro “irregolare” non conviene, si evidenzia che l’impiego “in nero” per 5 giorni di una barista, è costato all’impresa quasi 7mila euro di sanzioni».
Dal 1° gennaio 2014 sono stati 34 i lavoratori irregolari/in nero scoperti nella Provincia di Trieste che hanno portato alla verbalizzazione di sanzioni nei confronti di sette datori di lavoro.