Ecologica e sicura, la startup veneziana che sfida milioni di cotton fioc

L’idea è nata in lockdown: “Uno dei tanti progetti che avevo in testa, e che non realizzavo per mancanza di tempo”, dice Alessandro Paulis, veneziano di adozione, libero professionista, designer industriale con il pallino per il mestiere applicato a oggetti utili e capaci di semplificare la vita. Come EarBuddy, l’innovativo ed ecosostenibile strumento per la pulizia delle orecchie che dichiara guerra ai cotton fioc: “Con il mio socio, abbiamo raccolto dei dati su quanti pezzi vengono usati e dispersi nell’ambiente ogni giorno, inquinando. Impiegano decenni per decomporsi”, racconta.

E poi c’è il problema della sicurezza, con il rischio di rottura del timpano e di accumulo del cerume nel condotto uditivo, dove viene spinto. EarBuddy invece è sicuro e riutilizzabile: “Abbiamo realizzato dei prototipi con la stampa in 3D, poi li abbiamo fatto testare a specialisti in Otorinolaringoiatria, con i quali puntiamo a collaborare”.

Innovativo il progetto, e altrettanto il suo esordio: “Seguire i canali tradizionali, entrando nelle farmacie, avrebbe richiesto molto tempo: abbiamo scelto una piattaforma favorevole alle idee innovative, e lanciato una campagna di crowdfunding su Kickstarter“. Come avviene per questa modalità di finanziamento collettivo e condiviso, chi è interessato all’oggetto da produrre ne opziona uno o più pezzi: questo consente alla startup innovativa – in questo caso MioColibri – di partire con la produzione avendo una base sicura di ordini.

I dati dei primi giorni di campagna sono rilevanti: superato, anzi doppiato ampiamente l’obiettivo di finanziamento,  già oltre 750 i clienti-sostenitori di EarBuddy, che guarda a un pubblico molto ampio: se pulirsi le orecchie è un gesto abituale, sportivi e nuotatori (ma anche chi è soggetto a otiti) possono sentire il bisogno di liberarsi dall’acqua. E poi ci sono determinate categorie professionali e i portatori di apparecchio acustico, per i quali il cerume è un problema significativo.

Interamente riciclabile e disponibile in quattro colori, il piccolo dispositivo è una produzione interamente italiana: da un’azienda trevigiana arriva il packaging, una veneziana produce il puntale in silicone. Una sfida quasi a chilometro zero, ma che guarda anche oltreconfine e ha scelto l’inglese per la comunicazione. Paulis, 57 anni, ha l‘animo dello startupper: “Questa è la mia seconda: dall’esperienza della prima ho imparato molto, nel bene e nel male. Ora so far valere l’esperienza, e nel team ho voluto persone con competenze diverse dalle mie e capaci di completarsi”. Con lui ci sono Alessio Serafini (co founder), Alessandro Iachino (partner e Cfo) e Gabriele Persi (marketing).

EarBuddy ha convinto fin dall’inizio: “Abbiamo capito di avere un progetto interessante quando, dopo aver preparato una presentazione molto dettagliata su quello che avevamo intenzione di fare, siamo riusciti a catturare rapidamente l’attenzione di una società d’investimenti milanese: Magrathea Iniziative. Ci hanno risposto quasi subito e, grazie a loro, ci siamo potuti strutturare al meglio e partire”.

Intanto la campagna di crowdfunding continua: da produrre ci sono già oltre 1.500 pezzi, con ordini provenienti da ogni parte del mondo: ai primi tre posti, USA, Gran Bretagna e Germania. Poi Italia, Canada e Australia. Ma anche Olanda, Francia Singapore, Portogallo e India e molte altre nazioni.

 

Si parla  di #StartupaNordest. Potrebbero interessarti anche:

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